Non si hanno notizie certe sulla vita del glorioso San Calogero e per questo non si è riusciti, nel tempo, a ricostruire la Sua storia. Due sono le fonti per conoscere la vita di S. Calogero:

1) gli Inni di Sergio, monaco nel monastero sito sul monte Cronio presso Sciacca, composti nella seconda metà del IX secolo dell’era cristiana. Tali Inni pare siano stati scritti ed enunciati in occasione della festa del santo (che ricade secondo il martirologio romano il 18 Giugno) dinnanzi ad una calca di uomini e monaci, riunitisi nonostante la minacciosa pressione musulmana;

2) Le 12 letture inserite nel Breviario Romano, introdotto in Sicilia sotto i Normanni, la cui composizione si colloca tra la fine dell’XI secolo e la fine del XII, che trattano della vita di S. Calogero. Entrambi gli atti, nascono a scopo liturgico, descrivono la vita e la profonda spiritualità di uno dei santi più popolari in Sicilia. Dal confronto delle due fonti sono emersi nel passato una serie di questioni e discordanze, che grazie ad una lettura critico – storica oggi sembrano in gran parte essere superate. Con il nome Calogero che etimologicamente significa ” bel vecchio ” venivano infatti identificate persone che vivevano da eremiti, nell’ideale greco della bellezza, ciò che è bello, è anche giusto e buono. Così con il termine “Calogeri”, in oriente e nel sud Italia venivano indicati i monaci eremiti. Questo fattore ed una cattiva interpretazione degli atti indusse alcuni studiosi a pensare che addirittura fossero più d’uno i Santi di nome Calogero in Sicilia. Ciò spiega la confusione sulla vita, e le varie tradizioni sul culto del Santo.
In realtà il Santo dal nome Calogero veneratissimo in gran parte della Sicilia è uno soltanto, e cioè quello di Sciacca.

Gli inni di Sergio forniscono la giusta interpretazione della vita del Santo. Fuggito dalla Calcedonia, nel periodo dello scisma acaciano intorno al 484 – 519, insieme ai compagni Demetrio e Gregorio per sottrarsi alla persecuzione, che loro ed altri, devoti alla Trinità subirono. Così fuggiti dall’Oriente, approdano a Lilibeo, l’attuale Marsala, allora importante porto commerciale. Continuano in Sicilia la loro predicazione per divulgare il culto ortodosso di Dio uno e trino e anche se non si hanno notizie esatte, presto Demetrio e Gregorio vennero martirizzati. San Calogero, dopo aver pellegrinato per la Sicilia, si ritira sul monte Cronio che sovrasta la città di Sciacca, continua la sua catechesi e promuove la devozione dei compagni martirizzati. La figura di S. Calogero che lotta contro i diavoli, di S. Calogero asceta, di S. Calogero missionario e taumaturgo è delineata nettamente dagli Inni di Sergio. Fanno capire come il suo forte carisma attirava a se migliaia di fedeli. Sul monte delle “giummare” o monte Kronio odierno monte San Calogero, il Santo visse gran parte della sua vita e vi morì.

Il breviario romano fu scritto nel XI secolo, e rimase l’unica testimonianza del Santo fino alla scoperta degli Inni nel convento di Fragalà nel XVII dal P. Ottavio Gaetani. Il breviario, a differenza degli Inni, pare tragga il meglio che si riuscì a trovare nella tradizione popolare del culto di S. Calogero che sopravvisse allo scempio musulmano.

Per una più dettagliata descrizione di questi testi, e una migliore comprensione della vita di San Calogero vi rimandiamo alla lettura dei testi:

  • “S. CALOGERO Storia del culto a San Salvatore di Fitalia e nella valle del fiume Fitalia.” Autori: A. Pettignano – S. Ruggeri Edizione Nebros (1984 – San Salvatore di Fitalia).
  • “S. CALOGERO EREMITA” Autori: F. Rizzo Tipografia Cali (1961 – Genova)
  • “S. Calogero patrono di San Salvatore di Fitalia (notizie – preghiere – inni)” A cura di: don F. Pisciotta Litografia A. Trischitta (2001 – San Salvatore di Fitalia).

I fitalesi Antonello Pettignano, Francesco Rizzo e don Franceso Pisciotta, trattano del Santo curandone principalmente il primo l’aspetto storico, il secondo quello folkloristico ed il terzo quello religioso.

Il culto da Sciacca ai Nebrodi

Nella seconda metà del secolo IX, quando Sergio componeva i suoi Inni, gli Arabi sono presenti in tali zone ma i cristiani riescono ancora ad esercitare il loro culto. Nel periodo immediatamente successivo alla composizione degli Inni di Sergio, i cristiani della Val di Mazzara soccombono definitivamente alla pressione degli Arabi mentre quelli della val di Demenna (la Valle del Fitalia) resistono validamente fino al 964-65. La roccaforte di Demanna, unitamente a Rametta e Taormina, resiste agli Arabi, sopravvive al loro dominio fino all’avvento dei Normanni nel 1061. Il culto di San Calogero arriva nella Valle del Fitalia quindi intorno al X sec. Così le reliquie di San Calogero e dei suoi compagni Demetrio e Gregorio insieme agli Inni di Sergio, già allora unica testimonianza scritta della vita del Santo, vengono trasportati e custoditi nel Monastero basiliano di S. Filippo di Fragalà o di Demenna (convento sito nel comune di Frazzanò sui monti nebrodi), che ancora resisteva validamente all’incursione Araba.

Il culto arriva a San Salvatore di Fitalia

Sull’arrivo delle reliquie di San Calogero a S. Salvatore di Fitalia si hanno poche notizie scritte, la storie è tramandata oralmente per cui, come tante altre storie orali sul Santo, è stata nel tempo accresciuta con leggende. Ma la più veritiera, avvalorata da ricerche storiche è quella di seguito testualmente riportata tratta dal libro studio di A. Pettignano e S. Ruggieri: “…Parte delle reliquie di S.Calogero, ogni anno, in occasione della solenne festività d’agosto, venivano concesse “ad tempus” e mediante documento scritto, per essere venerate dai fedeli, che da ogni parte accorrevano a SS.mo Salvatore. Le reliquie venivano processionalmente accompagnate dai monaci di Fragalà fino ai confini del comune del SS.mo Salvatore, nella Contrada Duruso, presso l’antica chiesetta di S. Giovanni, ancora oggi esistente ma chiusa al culto e di proprietà privata, venivano consegnate al clero e al popolo del SS.mo Ssalvatore, che trionfalmente le trasportava nella Chiesa di S. Francesco D’Assisi annessa al convento dei Frati Minori Conventuali, dove c’era la cappella di san Calogero. Terminati i festeggiamenti, la reliquia veniva restituita ai Monaci di Fragalà. In un anno imprecisato del secolo XVII o dei primi decenni del XVIII, la traslazione delle reliquie avvenne senza documento scritto e il popolo del SS.mo Salvatore credette bene di non restituirla. Nel 1724, per la preziosa reliquia rimasta nella terra del SS.mo Salvatore, venne costruito l’artistico reliquiario, che ancora oggi esiste. L’anno seguente, il 19 agosto, domenica, festa del Santo Patrono Calogero, Mons. Pietro Galletti, Vescovo di Patti, sigillò il reliquiario, con decreto pastorale. I sigilli ancora oggi sono inviolati”. Mentre le prime notizie scritte sul culto di S. Calogero a S. Salvatore di Fitalia, risalgono al 1537, si trovano nelle “Costituzioni Sinodali” dell’allora Vescovo di Patti. Nel 1615 viene eretto un convento dei Conventuali dell’Ordine di San Francesco annesso alla Cappella dedicata al culto del Santo. Da allora la devozione del grande Taumaturgo si diffonde in tutta la zona nebroidea, i fedeli accorrono copiosi a invocare grazie e ringraziare il Santo per i benefici ricevuti con ex voto, con donazione di beni immobili e rendite. Verso la metà del 1800, un movimento franoso interessò la zona dell’antica Cappella, distruggendola. Venne progettato un nuovo Santuario più ampio che potesse contenere la numerosa affluenza dei pellegrini. Nella nuova Chiesa, inaugurata nel 1901, dove in una nicchia, ricavata nel muro dell’abside venne posta la statua di San Calogero, opera del tardo 600. Anche in questi luoghi, seppur non abitati da Calogero, è forte il legame delle genti nebroidee al Santo divenuto poi protettore di San salvatore di Fitalia. Qui come sul monte delle Giummare, la devozione e tanta e migliaia sono i pellegrini che vengono a venerarLo. Egli è parte integrante della vita quotidiana dei fitalesi, i quali, da generazioni lo invocano per tutto, sia per i problemi gravi che per le piccole cose. Negli occhi di ogni fedele, che a Lui si rivolge, si legge un affetto forte e commovente, e nel luccichio degli occhi si intravede una grande devozione. L’invocazione “O San Calorio” s’intercala spesso, nel lessico fitalese, come espressione di stupore, di commiserazione o d’aiuto. Il forte carisma di colui che “fu medico dello spirito e del corpo” ancora oggi vive ed attira a se, con un cristianesimo puro, forte di valori dogmatici e morali, migliaia di fedeli. San Calogero è, dunque, ancora vivo nel cuore dei cristiani dei Nebrodi.